TARIFFA PROFESSIONALE RESTAURATORI BENI CULTURALI – ARI Associazione Restauratori d’Italia – Casa Ed. dei Tipografia del Genio Civile – Roma 2009

INTRODUZIONE –
La pubblicazione del "tariffario Professionale" nasce dall’esigenza di tracciare validi criteri per una valutazione economica degli incarichi affidati al restauratore di Beni Culturali nell’ambito della progettazione. Ambito nel quale, sempre di più è coinvolta tale figura professionale, in particolare da quando la stessa normativa in materia di conservazione e tutela dei beni culturali ha recepito la necessità della presenza del restauratore qualificato non solo in sede operativa, ma anche in quella progettuale.
Vale la pena di ripercorrere le tappe fondamentali di questo iter normativo.
Fin dal momento in cui i lavori sui beni culturali furono fatti rientrare, a torto o a ragione, nell’ambito più generale della disciplina dei lavori pubblici (la coddetta Legge Merloni n. 109/1994) si avvertì l’esigenza di individuare delle disposizioni specifiche in materia.
Tuttavia il regolamento attuativo alla legge (DPR n. 554/1999), per altro ancora in vigore, non fu indirizzato in tal senso e non si approfittò dell’occasione per normare il settore della tutela e della conservazione così profondamente diverso da quello dell’edilizia.
Nei testi citati il campo specifico di cui si occupa il restauratore è definito quale "Attività di Conservazione Restauro e Manutenzione di Beni Mobili e Superfici Decorate di Beni Architettonici".
Nell’impianto originario della legge Merloni, la progettazione è declinata in tre livelli (preliminare-definitivo-esecutivo) ed assume un ruolo indubbiamente centrale, oltre che progressivo, nella gestione dei lavori.
Marginale rimane invece, almeno fino a tempi più recenti, il coinvolgimento del restauratore in questa fase ritenuta basilare dalla legge.
Va considerato che la legge merloni, pensato col metro di misura del mondo dell’edilizia, si innestò con difficoltà ed incongruenze nella gestione dei restauri, innescando, a partire dalla fine degli anni novanta, un processo di progressivo adeguamento del settore del restauro delle opere d’arte alle normative che regolano gli appalti pubblici.
Basti pensare che solo nel 1998 per la prima volta furono identificati come categorie separate gli interventi di restauro specialistico sulle opere d’arte (categoria denominata S2 e successivamente OS2) distinti dagli interventi sulle strutture dei monumenti(categoria OG2), differenziazione successivamente recepita nei regolamenti della Merloni (categoria di opere specialistiche individuate dall’acronimo OS2 e categoria di opere generali individuate dall’acronimo OG2).
Fortunatamente, almeno in materia di qualificazione, dopo l’emanazione del regolamento generale di cui al DPR 34/2000, con l’uscita del DM 294/2000, successivamente modificato dal DM 420/2001, furono individuati e definiti i requisiti speciali per la Categoria OS2, senza intervenire però in tema di progettazione, rimandando pertanto al succitato DPR 34/2000 la normativa di riferimento, obiettivamente inadeguata ed insufficiente.
Con il DM 294/2000, che tenta per la prima volta di definire quali sono i requisiti che devono differenziare le imprese di restauro specialistico dalla imprese edili, fu necessario per il legislatore chiarire cosa intendesse per restauratore.
Il decreto indica due figure che devono essere presenti, in percentuali definite, nella composizione delle imprese di restauro specialistico: il "Restauratore di Beni Culturali" (necessario quale direttore tecnico dell’impresa di restauro qualificato in OS2) e il "Collaboratore Restauratore di Beni Culturali" (vedi: D.M. Beni e Attività Culturali 03/08/2000).
Con la cosiddetta Merloni quater (L. 166/2002) vengono finalmente introdotte numerose disposizioni relative ai lavori sui beni culturali. Tra tutte quelle che riconducono anche alla figura del Restauratore di Beni Culturali qualificato, vengono stabilite le attività di progettazione, direzione dei lavori e più in generale ruoli e compiti non più soltanto meramente operativi.
Con la legge 166/2002 viene sancito che il "Restauratore di Beni Culturali" collabora in fase di direzione dei lavori anche per indirizzare correttamente l’affidamento alle ditte competenti. Il principio è rafforzato dal Dlgs 30/2004, dove viene posto l’obbligo e non più la possibilità, per tutti i progetti di restauro di beni mobili e superfici di pregio artistico (OS2) di comprendere il restauratore nell’ufficio di direzione lavori:
"Per i lavori concernebti beni mobili e superfici decorate di beni architettonici sottoposti alle disposizioni di tutela dei Beni culturali, l’ufficio di direzione del Direttore dei Lavori deve comprendere, tra gli assistenti con funzioni di direttore operativo, un soggetto con qualifica di Restauratore di Beni Culturali ai sensi della vigente normativa, in possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento".
Al restauratore può anche essere affidata la direzione stessa dei lavori: "…le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, alla direzione dei lavori ed agli incarichi di supporto tecnico alle attività del Responsabile Unico del Procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale, possono essere espletate anche da un soggetto con qualifica di Restauratore di Beni culturali ai sensi della vigente normativa".
Il progetto preliminare è supportato da una “scheda tecnica redatta e sottoscritta da un soggetto con qualifica di Restauratore e finalizzata alla puntuale individuazione del Bene vincolato e dell’intervento da realizzare”. (legge 109/94 art. 16 comma 3bis)
La normativa in materia di Beni Culturali della legge 166/2002, come detto, è ancor più definita nel Dlgs 30/2004, tanto da creare una legge di settore distinta rispetto a quella generale sui lavori pubblici.
Il DLgs 30/2004, che si pone in un processo di progressiva modifica ed adattamento delle leggi sui lavori pubblici ad un ambito, quello dei Beni culturali, del tutto peculiare, prevede, inoltre, un nuovo regolamento di qualificazione che disciplini “…la definizione di nuove categorie… che tengano conto delle specificità dei settori…”.
Quanto contenuto nel Dlgs 30/2004 viene infine recepito nel nuovo Codice dei Contratti pubblici di cui al Dlgs 163/2006, diventandone parte integrante in un capitolo specifico e definito (il Capo II del Titolo IV nonché l’art. 253, commi 29 e 30).
Per quanto riguarda la progettazione il Dlgs 163/2006 e le sue successive modificazioni mantengono invariato l’impianto generale delle lagge quadro sui lavori pubblici. Per quel che concerne la progettazione per gli appalti e per le concessioni di lavori è prescritta la “verifica della progettazione prima dell’inizio dei lavori” ed è ribadita la declinazione in tre livelli:
“Il PROGETTO PRELIMINARE definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire e consiste in una relazione illustrativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettata in base alla valutazione delle eventuali soluzioni possibili , anche con riferimento ai profili ambientali e all’utilizzo dei materiali provenienti dalle attività di riuso e riciclaggio, della sua fattibilità amministrativa e tecnica, accertata attraverso le indispensabili indagini di prima approssimazione, dei costi, da determinare in relazione ai benefici previsti, nonché in schemi grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche da realizzare…;
Il PROGETTO DEFINITIVO individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni. Esso consiste in una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali, nonché delle caratteristiche dei materiali prescelti e dell’inserimento delle opere sul territorio; nello studio di impatto ambientale ove previsto; in disegni generali nelle opportune scale descrittivi delle principali caratteristiche delle opere, e delle soluzioni architettoniche, delle superfici e dei volumi da realizzare, compresi quelli per l’individuazione del tipo di fondazione; negli studi e indagini preliminari occorrenti con riguardo alla natura e alle caratteristiche dell’opera; nei calcoli preliminari delle strutture e degli impianti; in un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto nonché in un computo metrico estimativo…
Il PROGETTO ESECUTIVO redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale d’appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’elenco dei prezzi unitari.
Quando si tratta di cat. OS2 il ruolo del restauratore è insostituibile. Vengono infatti ribaditi i contenuti del Dlgs 30/2004, che possono riassumersi in: coinvolgimento del restauratore nell’attività di progettazione e nella direzione dei lavori; obbligo della scheda tecnica redatta e sottoscritta da restauratori di Beni culturali; obbligo della presenza del restauratore come direttore operativo; possibilità di affidare a questa figura gli incarichi di progettazione, di direzione lavori, di supporto tecnico alle attività del R.U.P..
Tuttavia nonostante lo sforzo del legislatore nell’affrontare sempre sistematicamente la disciplina speciale della tutela e della conservazione dei Beni Culturali, tarda ad essere emanata una disciplina regolamentare attuativa che ne definisca in modo particolareggiato ed esaustivo i contenuti, stabilendo regole ed obblighi finalmente specifici a livello nazionale.
E così se è vero che esiste una precisa normativa di riferimento, per quanto di difficile lettura, circa i requisiti necessari ed indispensabili per la qualifica di “Restauratore di Beni Culturali” (ex art. 182 del nuovo Codice dei Beni Culturali di cui DLgs n. 42/2004 e s.m.i.) e con l’emanazione dei decreti regolamentari previsti dai commi 7,8 e 9 dell’ex art. 29 del medesimo decreto legislativo, si arriverà ad una definizione, ci si augura conclusiva, del profilo professionale e della formazione, è altrettanto vero che troppi ritardi, vuoti e ambiguità sussistono in materia di qualificazione delle imprese e più in generale di una normativa tecnica ufficiale di riferimento specifica per il settore, circa bandi di gara, procedure di aggiudicazioni, capitolati, prezziari tariffari professionali, etc..
Le norme stesse che riguardano la progettazione appaiono di grande novità, ma di complessa applicazione nel campo specifico del restauro. Se da una parte gli sviluppi più avanzati delle metodologie nel settore diagnostico e della documentazione ribadiscono l’importanza della fase di progettazione degli interventi, va considerato che l’unicità stessa, che caratterizza il Bene Culturale, rende difficile la valutazione aprioristica degli aspetti tecnici, economici e tempistici necessari agli interventi.
Inoltre va detto che la mancanza, a tutt’oggi, di una normalizzazione dei prezzi rende difficile e rischioso proprio il ruolo del progettista. Le singole Amministrazioni e i singoli Uffici dello stesso Ministero applicano prezzi molto diversi. Il numero delle ore lavorative, il prezzo orario, il costo dei materiali, i criteri di misurazione cambiano in modo del tutto discrezionale, così che si ottengono per interventi simili, prezzi del tutto diversi a seconda della regione, della provincia, della città, del singolo ufficio, del singolo geometra contabile, di chi approva la variante progettuale di turno.
……..
Pubblicato in LA PROFESSIONE DEL RESTAURATORE DI BENI CULTURALI | Lascia un commento

link FaceBook

Sull’argomento  puoi  approfondire su FaceBook  ai seguenti link:
 
 
Il gruppo  "I LUOGHI DI ENRICO COCCHIA" 
Pubblicato in CESINALI | Lascia un commento

LICEO ARTISTICO STATALE DI BENEVENTO – STAGE FORMATIVO – P.O.N. 2007/2013

Si è concluso oggi il P.O.N. "RESTAURIAMOCI!" del Liceo Artistico Statale di Benevento realizzato nel nostro laboratorio di Cesinali dal 18 giugno al 13 luglio 2009.
Lo stage formativo ha coinvolto quattordici ragazzi e ragazze di età compresa tra i sedici ed i diciotto anni, della classe III di indirizzo "scultura" che, grazie a questa iniziativa, hanno potuto compiere un percorso di formazione sul campo attraverso lo svolgimento di 40 ore di orientamento per l’acquisizione di competenze professionali e culturali relative alle attività da svolgere ed 80 ore di esperienza lavorativa in azienda, direttamente sulle opere. Inoltre, a fine corso è stata organizzata anche una visita guidata a chiese del Serinese, per osservare da vicino il risultato di alcuni lavori di restauro di dipinti su tela e tavola, sculture lignee e dipinti murali eseguiti dalla Nova Ars Snc.
I referenti dei ragazzi durante il percorso sono stati il Tutor di Istituto Prof. Angelo Pescatore ed il Tutor Aziendale, esperto di settore Rest. Maria Paola Bellifiori.
 

Pubblicato in RACCONTI DALLA NOSTRA ATTIVITA' | Lascia un commento

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “PITTORI NAPOLETANI DEL SEI E SETTECENTO”

Il 29 maggio scorso, alle 17, presso la sede della Banca di Credito Cooperativo di Serino, è avvenuta la presentazione ufficiale del volume
"PITTORI NAPOLETANI DEL SEI E SETTECENTO NEL TERRITORIO DI SERINO" di Simona Carotenuto,
della collana "ARTE E TERRITORIO" a cura di M. Alberto Pavone,
Edito da Paparo Editore.
All’interno è presente anche un capitolo sul restauro che la Nova Ars ha eseguito sulla deposizione di F. Curia della chiesa della SS. Annunziata e SS. Corpo di Cristo di San Biagio di Serino.
Relatori: Prof. M. A. Pavone, Dott. Simona Carotenuto, Dott. G. Muollo e  Dott. A. Cucciniello della Soprintendenza B.S.A.E. di Avellino, Prof. Riccardo Lattuada e Rest. M. P. Bellifiori.
 
       
   
 
 
 
 
 
Pubblicato in RACCONTI DALLA NOSTRA ATTIVITA' | Lascia un commento

I DUE DIPINTI MURALI DELL’ABSIDE DEI SS. VESCOVI NELLA CRIPTA DEL DUOMO DI SALERNO.

 

(tratto dalla Tesi per l’esame finale del Corso di Restauro di Dipinti Murali di Maria Paola Bellifiori – Salerno 1990)

 

            Nei primi decenni del 1500 e fino a tutto il 1600, le popolazioni islamiche, specie dopo aver visto definitivamente stroncata la loro ambizione di dominare il Mediterraneo, intensificarono gli attacchi corsari a sud della nostra Penisola. (1 – “I Turchi, che approfittavano delle discordie tra la Francia e la Spagna, erano facilitati nelle loro imprese piratesche anche dagli effetti della pessima dominazione spagnola che, tra l’altro, vietava alle genti soggette di possedere navi di grossa stazza e manteneva la popolazione in uno stato miserevole. Inoltre il Governo Vicereale si dimostrò totalmente inetto ad approntare idonee misure protettive. La soluzione che il Vicerè Toledo oppose a questo problema fu quella di rinforzare le torri di avvistamento lungo il litorale e di costruirne delle altre. Il risultato di questo progetto fu di far aumentare le spese a carico delle già misere popolazioni, sia per i lavori che per il conseguente mantenimento delle guarnigioni, le quali restavano un vano tentativo di difesa contro queste orde piratesche che sempre più numerose sbarcavano mettendo a ferro e fuoco i paesi rivieraschi ed a volte anche quelli dell’entroterra.” G. Manzione, I CORSARI DELL’ISLAM, in EBOLI E LA VALLE DEL SELE NEL 1647)

I peggiori tra questi popoli islamici erano i turchi, tra i quali i nomi più noti sono quelli di Dragut Pascià e dei fratelli Arug e Khajr Al-Din Barbarossa.

Proprio a quest’ultimo nome, che italianizzato corrisponde ad Ariadeno Barbarossa, è legata la storia del miracolo a cui si riferiscono le due lunette della Cripta del Duomo, verificatosi il 27 giugno del 1542. (A. Capone, nel suo libro “Il Duomo di Salerno”, riporta l’evento con la data del 1544)

Nel dipinto a destra dell’altare dei SS. Vescovi è rappresentata la scena dell’assedio di Salerno, con le navi pirata che si stagliano tetre sul mare piatto, mentre dalle torri di avvistamento partono i segnali di allarme. Sullo sfondo il paesaggio Salernitano sembra assistere silenzioso e rassegnato alla tragedia che si sta preparando.

L’altro dipinto, posto di fronte, rappresenta il momento del miracolo, quando le onde si agitano improvvisamente, affondando gran parte della flotta pirata.

Questa fortunosa liberazione fu di tale importanza per Salerno e per la sua Chiesa che, nelle Costituzioni Sinodali del 10 luglio 1557, il Cardinale Arc. G. Seripando ne volle eternare il ricordo istituendo la festa del 27 giugno, che si è continuata a celebrare fino a pochi anni or sono. (A. Capone, “Il Duomo di Salerno”, Napoli 1929)

Dopo quest’evento ci furono altre incursioni che portarono nella città lutti e distruzioni di ogni genere, ma il ricordo della miracolosa liberazione rimase per i salernitani ulteriore motivo di profonda devozione all’Apostolo Matteo, per cui, proprio nel luogo ove sono conservate le sue reliquie, furono fatti eseguire questi due dipinti.

L’attibuzione di queste scene a Belisario Corenzio sarebbe avallata da alcune polizze esistenti negli Archivi degli Antichi Banchi Napoletani delle quali il D’Addosio riporta un elenco dettagliato in cui sono evidenti tre pagamenti a questo artista che ha eseguito anche gli altri dipinti murali della Cripta.

Con la prima del 16 giugno 1606, si pagavano 300 ducati in acconto per “…la pittura fatta et da farsi in la lammia del Subcorpo del Beato Apostolo San Matteo di Salerno…”.  Con la seconda, datata 27 settembre 1606, in seguito ad una relazione redatta dal Cav. Fontana, si pagavano al Corenzio “…che ha depinto tutta la lammia et facciate dove sono li sordelli di detta lammia nella Cappella Reale dove sono le reliquie dell’Apostolo San Matteo…” 100 ducati in acconto. Infine, con la terza, del 15 settembre 1608 si pagavano altri 100 ducati in acconto per aver fatto tanta opera in “…dipingere la lammia, mura et Cappelle del Subcorpo dell’Arcivescovato di San Matteo de Salerno,… dichiarando che quelle se li pagano acciò possa andare a finire tutto quello che resta a fare in detta opera…”. (G. B. D’Addosio, ILLUSTRAZIONI E DOCUMENTI SULLE CRIPTE DI SANT’Andrea in Amalfi e San Matteo in Salerno, Napoli 1909)

Il cattivo stato di conservazione e le numerose ridipinture, impediscono una serena lettura dei dati stilistici dell’autore, che paiono però legati più ad uno schema rappresentativo tipico delle vedute geografiche da stampa che ai modi delle rappresentazioni sacre. Dopotutto, stando alle fonti, la celebratività di queste due opere ha come oggetto il patrocinio dell’Apostolo Matteo sulla città di Salerno e sui suoi fedeli citadini, e non all’evocazione del fatto storico dell’assedio turco: ma dell’episodio sacro non vi è alcuna citazione, mentre con descrizione meticolosa, sono riportati tutti i particolari che inducono ad individuare senza ombra di dubbio il paesaggio con quello salernitano visto dal mare. L’impressione che se ne riceve è quella di dipinti eseguiti per ambienti laici non per la cripta di una Cattedrale.

Esplicativo ci appare il confronto con il grande dipinto su tela che si riferisce allo stesso episodio (Com’è noto, la tempesta del 27 giugno 1542 impedì anche che un gruppo di galere della flotta turca, diretto su Amalfi, la raggiungessero e saccheggiassero), eseguito da Ottavio De Liani (1690), che attualmente si trova appena si accede alla navata destra del Duomo di Amalfi. Le analogie iconografiche tra le due opere difatti sono minime: nella tela è sottolineato l’Evento Sacro con l’imponente presenza tra le nuvole dei Santi Matteo ed Andrea che portati da angeli si incontrano per dare aiuto alla città di Amalfi il cui paesaggio in basso alla scena è in secondo ordine rispetto ai suoi protettori. Al contrario, come detto, nei dipinti murali salernitani, tutto il racconto sacro è assente, affidato evidentemente alla memoria di chi osserva che, se ignaro del fatto, vedrà solo due vedute della città in diverse condizioni atmosferiche.

L’opera salernitana pare, pertanto, fuori dal programma culturale religioso dell’uso persuasivo delle rappresentazioni artistiche tipico del XVII secolo.

Spiega Argan (“L’Europa delle Capitali”, Ginevra 1964)“Ai fini dell’esistenza pratica e dell’utile la comunicazione a livello dell’immagine appare più efficace che quella a livello intellettuale della forma o del concetto, poiché implica un semplice <<prendere atto>> e non un impegno speculativo che avrebbe distratto dall’operosa praticità della vita”. Nella fattispecie manca appunto il semplice <<prendere atto>> .

Sempre citando Argan “Il volgo ignorante, i pagani, i primitivi, se non possono capire il linguaggio classico della forma, sono sensibili al messaggio delle immagini: nasce così una nuova copiosa iconografia di Cristo, della Madonna e dei Santi…e una nuova semplice diretta simbologia”. E’ la mancanza appunto di un chiaro richiamo simbolico a deviare il carattere sacro delle due rappresentazioni trattate e ad infondere dubbi sulla loro funzione o sulla loro autenticità dato che, come sempre G. C. Argan ci insegna “…tutta o quasi tutta l’arte del 600, su piani e con direzioni diverse, è animata da uno spirito di propaganda, almeno nel senso che le sue immagini agiscono proprio in quanto immagini e non per gli eventuali impliciti significati concettuali”.

L’agglomerato urbano raffigurato nelle lunette della Cripta del Duomo, corrisponde perfettamente alle antiche rappresentazioni a stampa della città di Salerno, in particolare “L’assedio” sembra abbia una netta relazione con la veduta salernitana riportata dal Pacichelli (Pacichelli, REGNO DI NAPOLI IN PROSPETTIVA DIVISO NELLE SUE DODICI PROVINCE, Napoli 1703), mentre il disegno di Scipione Galiano (1653) rappresentante Salerno assediata dai Francesi, riporta alle osservazioni precedenti per la presenza del Santo Apostolo Matteo che protegge la città.

Le scene rappresentate nelle due lunette, appaiono statiche e prive di coinvolgimento emotivo, anche per la completa assenza di figure umane; è quasi un’analisi topografica del paesaggio che è reale anche se pare sia riferito ad un’epoca precedente a quella dell’evento  citato, stretto dalle antiche mura, descritto con una precisione che ricorda, per l’impressionante similitudine di esecuzione formale, La Tavola Strozzi del 1464.

Per quanto riguarda l’attibuzione al Corenzio, essa è impossibile dato le osservazioni svolte in occasione di questo lavoro, e che di seguito si riportano.

Comparando le due opere salernitane con i paesaggi presenti in altre opere napoletane dipinte sicuramente da Belisario Corenzio, appare evidente la differenza stilistica e tecnica. 

In un primo momento, avendo avuto modo di osservare puntualmente la superficie con l’ausilio di un pinacoscopio si rilevò, attraverso alcune fessure dell’intonaco, la presenza di pigmento rosso che fece pensare all’esistenza di una sinopia sottostante. Questo, anche confortato dall’assenza in superficie di tracce di incisioni, spolvero o battitura di fili, poteva condurre alla figura di Corenzio (o dei suoi collaboratori) che,  era notoriamente un veloce esecutore di scene sacre e faceva appunto uso della sinopia. La comparazione con il resto della decorazione della Cripta mette, però, in chiara evidenza una frattura stilistica ed iconografica tra i dipinti in questione e tutti gli altri. In seguito, si osservò che  nell’abside delle SS.Vergini erano ancora presenti, nelle lunette laterali, residui delle decorazioni floreali eseguite probabilmente dal Corenzio. Le stesse decorazioni floreali si ritrovano anche nel vano posto sul retro della cappella dei SS. Vescovi, al quale si accede mediante un’apertura nascosta da un pannello in finto marmo. Questo vano fu occultato, in tal modo, in occasione dei restauri degli anni ’50, ed in tale occasione il Prof. Troiano eseguì  l’aggiunta visibile chiaramente sul lato destro del “Miracolo della liberazione”. Questa finale osservazione fa concludere che il pigmento rosso individuato al di sotto dell’intonaco delle scene con le vedute salernitane non è una sinopia ma una decorazione floreale identica a quella delle lunette dell’abside delle SS.Vergini. Quindi le due absidi in origine erano simili e solo in seguito nell’abside dei SS. Vescovi furono realizzate le due vedute con “l’Assedio” e “la Liberazione”, coprendo le antiche decorazioni.

Pubblicato in RACCONTI DALLA NOSTRA ATTIVITA' | Lascia un commento

GRAZIE RITA LEVI MONTALCINO – 100 ANNI –

Il messaggio che invio, e credo anche più importante di quello scientifico, è di affrontare la vita con totale disinteresse alla propria persona, e con la massima attenzione verso il mondo che ci circonda, sia quello inanimato che quello dei viventi. Questo, ritengo, è stato il mio unico merito. Io dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura, con totale indifferenza alla mia persona.

Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente.

Credo di poter affermare che nella ricerca scientifica né il grado di intelligenza né la capacità di eseguire e portare a termine il compito intrapreso siano fattori essenziali per la riuscita e per la soddisfazione personale. Nell’uno e nell’altro contano maggiormente la totale dedizione e il chiudere gli occhi davanti alle difficoltà: in tal modo possiamo affrontare i problemi che altri, più critici e più acuti, non affronterebbero.

Mi rivolgo a chi ha lanciato l’idea di farmi pervenire le stampelle per sostenere la mia "deambulazione" e quella dell’attuale Governo, per precisare che non vi è alcun bisogno. Desidero inoltre fare presente che non possiedo "i miliardi", dato che ho sempre destinato le mie modeste risorse a favore, non soltanto delle persone bisognose, ma anche per sostenere cause sociali di prioritaria importanza. A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse "facoltà", mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria.

Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita.

 

Grazie Rita!

Pubblicato in ATTUALITA' | Lascia un commento

IL RESTAURO DELLA CASSA DELL’ORGANO DELLA CONFRATERNITA “SANTISSIMA ADDOLORATA”

 

 

La cassa dell’organo della Confraternita della SS. Addolorata di Gesualdo è  il risultato del recupero, assemblaggio e riadattamento degli elementi di una cona d’altare databile al sec. XVIII.

I pezzi recuperati dall’antica cona lignea, appaiono tutt’ora evidenti e corrispondono alle superfici scolpite, dorate e dipinte, mentre tutte le parti lisce, relative alla struttura, ai raccordi, alle basi, ed agli sportelli costituiscono le integrazioni finalizzate alla nuova destinazione.

Il restauro di questa opera, autorizzato dalla Curia Arcivescovile di S. Angelo dei L., dalla Soprintendenza ai B.S.A. di Salerno ed Avellino che, con la persona della dott. Antonella Cucciniello ha esercitato l’Alta Sorveglianza e la Direzione dei Lavori, è iniziato nel 2007 e si è concluso nel 2008.

Al momento del sopralluogo iniziale, la cassa dell’organo presentava una quantità notevole di sconnessioni e fratture degli elementi strutturali che ne pregiudicavano anche la statica; indebolimento del legno e perdita di parti di modellato causato da una gravissima ed ormai avanzata infestazione di insetti xilofagi; sollevamenti e cadute a livello del colore e delle dorature; numerose stuccature debordanti e grossolane di varia dimensione e costituzione. Inoltre la superficie era completamente ricoperta da porporine applicate in tempi diversi e diversamente alterate, tinteggiature con vernici a simulazione del legno, finiture superficiali definitivamente degradate che inglobavano particellato atmosferico.

Nel complesso l’opera era gravemente penalizzata dal degrado e dall’incuria oltre che dagli inidonei interventi di manutenzione.

In base al rilievo dello Stato di Fatto (doc. del 20 settembre 2007) fu redatto l’elaborato progettuale, in seguito approvato dalla Soprintendenza, che prevedeva: 1) La documentazione fotografica di tutte le fasi dei lavori; 2) lo smontaggio, la numerazione e catalogazione delle parti; 3) l’imballaggio ed il trasporto in laboratorio; 4) la disinfestazione; 5) il consolidamento ed il risanamento strutturale; 6) il consolidamento degli strati superficiali; 7) la pulitura; 8) l’integrazione degli elementi decorativi mancanti; 8) la stuccatura; 9) la reintegrazione delle dorature e delle cromie; 10) l’accompagnamento cromatico degli elementi lignei non originali; 11) la protezione finale.

Lo smontaggio degli elementi ed il loro trasporto nel nostro laboratorio di Cesinali, fu deciso oltre che per il precario stato conservativo della cassa lignea anche in considerazione dell’imminente inizio del restauro della meccanica dell’organo.

 

L’INTERVENTO DI RESTAURO

 

Giunti nel laboratorio, gli elementi della cornice dell’organo sono stati, come di consueto, sottoposti ad alcune operazioni preliminari quali la documentazione fotografica a luce visibile per documentare lo Stato di Fatto iniziale, la spolveratura, e la ricognizione della superficie anteriore e posteriore con rilievo e mappatura del degrado.

Accertata e documentata la situazione conservativa, dopo aver eseguito un preconsolidamento degli strati superficiali finalizzato ad evitare il rischio di caduta e perdita di materiale, sono stati effettuati i primi test di pulitura che hanno evidenziato al di sotto degli strati sovrammessi, costituiti, come detto, soprattutto da porporine e vernici, la doratura originale ed alcune zone policrome. La pulitura che ci si accingeva a compiere si presentava notevolmente complessa. La superficie originale era totalmente ricoperta da strati disomogenei diversamente alterati e tenacemente aggrappati al substrato dorato a foglia. In numerosi punti erano presenti vaste stuccature debordanti e rifacimenti del modellato eseguiti con stucchi di diversa costituzione, il tutto indicante che su questo manufatto, in passato, si sono avvicendati, a più riprese, svariati interventi localizzati per ripristinare alla meglio l’integrità superficiale che evidentemente si andava progressivamente danneggiando.

Detta disomogeneità superficiale, di fatto, ha impedito una scelta ed un andamento unico della metodologia che, purtroppo, doveva essere variata man mano che si incontravano le diverse sostanze adoperate nei precedenti interventi.

Per eseguire questa pulitura selettiva e graduale, si è iniziato con la rimozione delle vernici di finitura e degli accumuli di cere inglobanti sporco da depositi atmosferici, individuando una miscela composta da Ligroina ed Acetone variamente percentualizzati, ed utilizzata sia a tampone che gelificata, con tempi di applicazione diversi dove le sostanze da rimuovere si presentavamo con maggiori spessori. In questa fase sono state eliminate anche numerose colature o accumuli di colla di tipo vinilico, mediante applicazione di gel di alcol etilico che ne permetteva il rigonfiamento e la successiva rimozione a bisturi.

Con un solvent-gel di acetone, applicato a più riprese, sono stati rimossi gli strati di porporina. Infine è stata rifinita la pulitura con batuffoli imbevuti con una miscela di essenza di petrolio ed acetone.

L’eliminazione delle stuccature evidenziatesi dopo la pulitura è avvenuta a bisturi previo rigonfiamento provocato con l’applicazione localizzata di acqua ed acetone.

La superficie lignea del retro è stata pulita eliminando i protettivi alterati, le verniciature e le spesse colature di colla dei vecchi incollaggi, adoperando uno sverniciatore neutro.

 

Dopo la pulitura, la superficie libera delle sovrammissioni, ha riacquistato la leggerezza ed il modellato originale oltre alla brillantezza dell’oro zecchino ed alla presenza di zone policrome come alcuni fondali azzurri ed i laterali rosso scuro del cappello.

Ultimata la pulitura si è proceduto con l’intervento conservativo.

a tal fine, la materia lignea è stata sottoposta a disinfestazione mediante infiltrazioni ed imbibizioni di liquido a base di permetrina (principio attivo che assicura un’azione di tossicità prolungata nel tempo sia per gli insetti allo stadio adulto che per le larve) ed in seguito si sono sigillati i vari elementi in fogli di polietilene pesante e lasciati così per circa venti giorni in una sorta di camera a gas.

Dopo aver provveduto alla rimozione di tutti gli elementi estranei quali tassellature inidonee, viti e placchette metalliche, si è consolidato il supporto ligneo con resina acrilica in soluzione a percentualizzazione crescente, applicata mediante infiltrazioni ed imbibizioni.

Sono stati eseguiti tutti gli incollaggi degli elementi staccati utilizzando resina vinilica previo inserimento di barrette in vetroresina all’interno di fori di alloggio ricavati nello spessore del legno e bloccate con resina epossidica bicomponente. Le fessurazioni del legno sono state incuneate, mentre, sempre con resina epossidica bicomponente sono state risarcite le fratture, rinforzate le giunture e le sconnessioni, oltre che ricostruite le piccole lacune dell’intaglio ed alcuni elementi decorativi del cappello.

Al termine di queste operazioni, gli elementi della cassa dell’organo avevano riacquistato stabilità e compattezza.

 

Il legno del retro è stato mordenzato ed equilibrato cromaticamente, proteggendolo infine con una leggera mano di gommalacca.

Le basi che reggono le colonne sono state completamente rifatte, eliminando quelle esistenti non originali ma frutto di un maldestro assemblaggio di tavolette di recupero con varia misura e tipologia di legno.

Il Sig. Bettalico, Priore della confraternita, si è incaricato del rifacimento di questi due elementi adoperando legno di castagno, opportunamente trattato e lasciato a vista, assente di decori o dorature, che sarebbero risultate arbitrarie ed esteticamente invasive e fuorvianti.  Nel completo rispetto del manufatto, nello stato e consistenza con cui ci è giunto, questo rifacimento ha l’esclusiva funzione di accompagnamento e sostegno, rimanendo perfettamente riconoscibile nella sua peculiarità di aggiunta funzionale.  L’altezza di questi due elementi basali è stata aumentata per permettere il rialzo di tutta la cornice dorata rispetto al corpo centrale con le portelle in essa inserito. Con questo espediente si è ottenuto il recupero visivo della decorazione scolpita e dorata presente nella parte inferiore del cappello, che prima dell’attuale intervento risultava occultata sia dai capitelli delle colonne che dal corpo centrale con le portelle.

Il legno della cassa dell’organo, le portelle e tutti gli altri elementi di raccordo sono stati anch’essi trattati e lasciati a legno vista.

A questo punto sulla superficie anteriore è stata eseguita una verniciatura intermedia, necessaria per interporre un sottile strato d’intervento tra l’originale e le sostanze applicate nelle operazioni seguenti.

La stuccatura delle lacune, con amalgama di gesso e colla di coniglio, è stata eseguita a livello della superficie riproducendo l’unità formale necessaria.

Dopo un’ulteriore leggera verniciatura si è proceduto con la reintegrazione delle dorature. Le stuccature sono state trattate con gommalacca opportunamente colorata per accordarsi con la tinta della preparazione originale e su di esse, previa applicazione della missione, è stata fatta aderire la foglia d’oro.

Le dorature così ottenute, sono state invecchiate mediante spazzolatura e patinatura ad imitazione dell’originale.

 

La reintegrazione cromatica ha permesso la graduale eliminazione dei disturbi visivi provocati dalla presenza in superficie di una gran quantità di abrasioni e micro lacune sia sull’oro che sulle parti policrome. Tale scopo si è conseguito facendo ricorso alle tecniche della velatura, del tratteggio e del puntinato con colori a vernice per restauro, solo tinte compatibili tra loro e resistenti alle radiazioni UV.

L’intervento è stato completato con una leggera nebulizzazione di vernice a retouchér.

      Tutti i materiali adoperati nell’intervento anzi descritto, per le loro caratteristiche di qualità, durata e reversibilità, sono attualmente considerati idonei all’impiego nel restauro di questa tipologia di bene culturale.

 

L’intervento è stato ultimato nel mese di dicembre 2008.

 

 

Rest. Maria Paola Bellifiori

(Nova Ars S.n.c – Conservazione e Restauro Beni Culturali – Cesinali)

 

 

             

                    Stato iniziale                                                             Dopo l’intervento

 

OPERATORI: Rest. MARIA PAOLA BELLIFIORI

                Rest. VINCENZO ESPOSITO

      Rest. GINO MARSILIO

 

DIREZIONE TECNICA: Rest. MARIA PAOLA BELLIFIORI

 

FOTO: Rest. MARIA PAOLA BELLIFIORI  e VINCENZO ESPOSITO

 

COMMITTENTE: Prof. GIUSEPPE BETTALICO Priore della Confraternita  SS. Addolorata di Gesualdo (AV)

 

       DIREZIONE LAVORI ED ALTA VIGILANZA MINISTERO BENI E ATTIVITA’ CULTURALI:     

   Dott. ANTONELLA   CUCCINIELLO  SOPRINTENDENZA BSA DI SALERNO E  AVELLINO

                                                             

EPOCA DEL RESTAURO: 2007/2008

 

  

 

 

Pubblicato in RACCONTI DALLA NOSTRA ATTIVITA' | Lascia un commento

L’ICONA DELLA MATERDOMINI DI NOCERA INFERIORE (SA)

L’ Icona   oggetto  del    presente   lavoro  è stata sottoposta,   nel  passato a numerosi rimaneggiamenti che si sono susseguiti in periodi non documentati fino ai nostri giorni.

In uno di questi interventi è stato sostituito il supporto ligneo originario insieme allo sfondo dell’immagine che dovevano essere in pessime condizioni anche a causa di un diffuso e massiccio attacco da insetti xilofagi. L’ipotesi avanzata è supportata dall’osservazione della presenza di fori  di sfarfallamento solo sulla superficie delle figure, e al contrario, non se ne trova traccia su altri punti del dipinto ne tanto meno sul supporto ligneo, che invece appare evidentemente in ottime condizioni e di fattura recente.

L’immagine originale residua corrisponde all’intera figura del Bambino con la sua aureola ed alla figura della Madonna, la cui aureola ed il fondo risultano, quindi, essere di rifacimento.

 

 

               (Nella foto è evidenziato in rosso il contorno lungo il quale furono ritagliate le figure)

 

E’ stata proprio la straordinaria compattezza del legno di supporto,  contrastante con lo stato conservativo dell’immagine, il primo indizio che ci ha indotto ad ipotizzare quanto  esposto.

L’attuale supporto è costituito da due assi longitudinali in legno di castagno, con l’aggiunta lungo i margini superiori ed inferiori di due strette assi orizzontali dello stesso legno.

La porzione antica dell’opera è dipinta su di una incamottatura costituita da una sottile tela di lino con preparazione pressoché assente, mentre quella di rifacimento presenta una tela di iuta, molto grossolana, sulla quale vi è una preparazione gessosa ricoperta di bolo rosso in corrispondenza dell’aureola della Madonna e di bolo bruno nel fondo. La doratura dell’aureola della Madonna è realizzata in oro zecchino mentre il fondo con oro a conchiglia.

La pellicola pittorica sembra essere eseguita a tempera grassa, con lumeggiature delle vesti in oro a conchiglia.

 

Lo stato di conservazione del dipinto, al momento del suo arrivo al nostro laboratorio, era pessimo.

La superficie era deformata dalle ondulazioni causate dai distacchi della tela dal nuovo supporto che ormai tendeva a sollevarsi e lacerarsi, distacchi lacerazioni e sfilacciatura erano presenti anche lungo i margini della tavola (fot 8 luce radente). La pellicola pittorica e le dorature apparivano inscurite a causa delle alterazione di vecchi protettivi e delle sovrammissioni di polveri più o meno adese e sporco di varia natura.

Il manto della Madonna e l’aureola  del Bambino erano integralmente ricoperti da maldestre ridipinture che avevano contribuito notevolmente ad accrescere il deterioramento dell’opera. Difatti, il loro ritiro dimensionale in fase di asciugatura ed invecchiamento  ha deformato il delicato insieme costituito dalla tela e dalla cromia originale.

Si intravedevano sotto i rifacimenti  gli spessori di stuccature debordanti sull’originale con andamento irregolare rispetto alla superficie.

Molti ritocchi alterati erano diffusi anche su tutto il resto della raffigurazione. Da notare in modo particolare quello posizionato sulla guancia destra della Madonna che ne deturpava il viso con una grossa macchia.                                                       

 Altro danno di notevole entità era la presenza sulle figure di una enorme quantità di corpi metallici estranei quali spilli chiodi, chiodini, anche arrugginiti, oltre che di buchi di varia grandezza con i contorni lacerati, dovuti alla consuetudine di adornare la Sacra Immagine con gioielli e pietre preziose.

L

 

a pianificazione di questo intervento di restauro si è rivelata subito in tutta la sua complessità.

L’icona così come ci giungeva in laboratorio, con le ridipinture anche se grossolane, rappresentava l’immagine che i fedeli conoscevano e veneravano da anni. L’intervento di pulitura avrebbe sicuramente modificato tale immagine e questo preoccupava sia noi che i Frati. Era però prioritario fermare il progredire del degrado costituito soprattutto dall’incidenza fisica di queste ridipinture sul delicato colore originale, e di conseguenza recuperare una   possibile migliore fruibilità estetica.  

Muovendosi tra queste due finalità, si è effettuata una completa ricognizione sia della superficie pittorica sia del supporto, valutando la possibilità di intervenire maggiormente sul verso del dipinto per liberarlo, come detto, dagli strati di vario materiale depositatosi nel tempo a causa degli interventi di restauro e manutenzioni pregresse e dell’esposizione agli agenti atmosferici, e tentare soltanto di migliorarne la planarità senza  sottoporre nuovamente il dipinto ad un distacco dall’attuale supporto. considerando che  un intervento così complesso, avrebbe sottoposto l’opera ad uno stress eccessivo per la sua materia già fortemente provata.

        Si sono eseguiti dei micro-test di pulitura in varie zone della superficie per individuare e quantificare la cromia originale, e per mettere a punto una metodologia idonea a raggiungere una soddisfacente lettura dell’immagine.

I primi tasselli di pulitura ci hanno confermato la presenza  di numerose   stratificazioni   di  vario materiale   identificabile  probabilmente   come vernici,  sostanze  proteiche, cere,  sporco  generico, patinature colorate, ridipinture ad olio ed a smalto che ricoprivano soprattutto il manto della Madonna che da azzurro era in realtà bruno.

A seguito di questa conferma, i Frati esposero all’assemblea dei fedeli e devoti, mediante immagini fotografiche, le risultanze dei test di pulitura, spiegando le circostanze dell’intervento che si andava ad eseguire e descrivendo come il risultato di tale intervento avrebbe cambiato il dipinto.

Confortati, quindi dal supporto dei frati e dalla consapevolezza dei fedeli, abbiamo iniziato il nostro lavoro di pulitura.

Per prima cosa si è eliminata l’enorme quantità di colla animale presente su tutta la superficie con l’utilizzo di tamponi imbevuti di acqua tiepida.

Sotto la colla si è rinvenuto uno strato ceroso rimosso con una miscela di ligroina ed acetone. Le ridipinture sono state eliminate facendo rigonfiare gli strati mediante l’applicazione di una soluzione gelificata a base di acido citrico e trietanolammina, ed in seguito rimosse a bisturi.

Sempre a bisturi sono state eliminate le vecchie stuccature ed è stato liberato il contorno originale delle figure ricoperto dal riporto del rifacimento del fondo. 

Si sono in tal modo recuperate la cromie del manto della madonna, del nimbo e dei piedini del Bambino, il fondo ed i piani di incastro tra le figure e le aureole della zona centrale tra la testa della Madonna e quella del Bambino prima non visibili, oltre che la silhouette delle figure.

Dopo ulteriori test di solubilità, si è eseguita una seconda pulitura finalizzata all’assottigliamento dello sporco e dei protettivi alterati presenti sotto le sostanze rimosse nella fase precedente.  Tale pulitura è stata condotta mediante l’utilizzo di un  solvent-gel a base di DMSO e Acetone su carta giapponese, rimosso poi con un tamponcino asciutto ed i suoi residui eliminati mediante lavaggi con tamponi imbevuti di acetone ed essenza di petrolio.  

Questa fase di pulitura è stata calibrata selettivamente, al fine di non evidenziare gli  scompensi cromatici presenti sulla superficie pittorica.

      Le dorature del fondo e dell’aureola della Madonna, anche se non originali, sono state conservate perché, come detto precedentemente,  le zone originali corrispondenti furono eliminate in passato insieme con la sostituzione dell’antico supporto.

L’opera, adesso libera delle sovrammissioni, aveva già perso molte delle deformazioni che come detto erano causate proprio dall’irrigidimento di questi strati e dagli strappi in essa provocati.

Si è proceduto, quindi, al fissaggio dei sollevamenti della tela con infiltrazioni di resina termoplastica che con l’ausilio del termocauterio ne ha permesso il riaccostamento al supporto.

A questo punto le deformazioni della tela, anche se non completamente, erano pressoché scomparse, e potevamo ritenere soddisfacente il risultato ottenuto anche senza intervenire con azioni più invasive.

      E’ stata poi eseguita una leggera verniciatura intermedia, necessaria per interporre un sottile strato d’intervento tra l’originale e le sostanze applicate nelle operazioni seguenti.

Si sono realizzate le stuccature con gesso e colla animale e si è proceduto con la reintegrazione cromatica delle abrasioni e delle lacune, localizzate soprattutto sul manto della Madonna, sul nimbo del Bambino e in alcune zone del fondo oro che mettevano in vista la tela sottostante, condizionando negativamente la percezione dell’immagine.

                L’intervento si è svolta  principalmente con l’intento di restituire  omogeneità all’opera  con la massima   discrezione operativa.

La prima fase, condotta ad acquerello,  ha interessato fondamentalmente l’abbassamento di tono delle grandi lacune, degli squilibri di colore della tela originale macchiata irreversibilmente dalle varie sostanze dei restauri precedenti, e delle abrasioni e micro-lacune poste essenzialmente sui colori scuri, procedendo per progressiva eliminazione dei disturbi ottici di volta in volta predominanti.

Dopo una ulteriore leggera verniciatura a spruzzo, si è proceduto con la reintegrazione delle nuove stuccature utilizzando colori a vernice per restauro, con la tecnica del tratteggio alternata.

Il fondo dorato è stato reintegrato con tratteggio eseguito con oro a conchiglia 23 Karati e ¾, con cui sono state riprese anche le discontinuità più evidenti delle lumeggiature della veste del Bambino.

Il risultato mostrava l’immagine liberata ed alleggerita dalle ridipinture, recuperata nelle cromie originali, ricomposta, perfettamente leggibile.

Sono stati utilizzati colori ad acquerello Windsor & Newton solo tinte compatibili tra loro e resistenti alle radiazioni UV, e colori a vernice per restauro Maimeri.

L’intervento è stato completato con l’applicazione di vernice semi-mat.

 

 

 

 

        

 

prima e dopo l’intervento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

San Michele di Serino, 08/06/04         

       Rest. Maria Paola Bellifiori

 

Pubblicato in RACCONTI DALLA NOSTRA ATTIVITA' | Lascia un commento

La NOVA ARS su FaceBook

Siamo anche su facebook  al seguente link:

http://www.facebook.com/group.php?gid=62073156168

 

Pubblicato in INFORMAZIONE | Lascia un commento

ARTE&ARTE – CASINA DEL PRINCIPE AD AVELLINO

E’ boom di visitatori alla Casina del Principe, dove è in esposizione fino al 25 gennaio la mostra “impossibile” di Leonardo Da Vinci. 

Si registra il tutto esaurito fino al 21 gennaio prossimo. 

L’Assessorato alla Cultura del Comune di Avellino ha ricevuto prenotazioni dalle scuole di Boscoreale, Poggiomarino, Salerno e Caserta. 

La mostra ha suscitato molto interesse, soprattutto, tra gli studenti: ogni giorno almeno tre  scolaresche, provenienti sia dal capoluogo che dalla provincia, arrivano alla Casina del Principe per le visite guidate.  

Da quando la mostra ha aperto i battenti, sono diverse migliaia anche le presenze di visitatori adulti provenienti da tutta la Regione.  

Alla Casina del Principe, fino al 25 gennaio, oltre alle riproduzioni delle opere di Leonardo Da Vinci, sono in esposizione, la “Quadreria di Palazzo di Città” con le opere dei maestri Cesare Uva, Vincenzo Volpe, Alfonso Grassi, Luigi Bellini, Faustino De Fabrizio e Mario Pascale.  

Presenti anche le personali di Edoardo Iaccheo, Fabio Mingarelli e Fulvio Rosapane e la collettiva di arte contemporanea con opere di Giovanni Di Nenna, Generoso La Sala, Luigi Cola, Anna Vassallo e Marcello Serio. 

Ancora in esposizione, infine, anche la mostra dei presepi realizzata con la collaborazione dell’Associazione “Amici del Presepe Irpino” e le dimostrazioni dell’arte del restauro curate da Maria Paola Bellifiori.   

“Sono molto soddisfatto per la grande affluenza, che si sta registrando alla Casina del Principe – afferma l’Assessore alla Cultura, Salvatore Biazzo – Abbiamo fatto il pienone delle prenotazioni delle scuole, nonostante il cattivo tempo. Ogni giorno arrivano visitatori per ammirare le opere d’arte in esposizione. Le visite guidate sono particolarmente apprezzate dalle scuole, segno del grande valore pedagogico che rivestono la mostra “impossibile” e le altre esposizioni. Un grande risultato che premia lo sforzo fatto dall’amministrazione. Per il grande successo raggiunto, un ringraziamento è, naturalmente, dovuto anche agli espositori presenti alla Casina del Principe che hanno permesso la realizzazione dell’evento”. 

http://newstampa.splinder.com/post/19598126/Casina+del+Principe%2C+%C3%A8+boom+d

  

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento